Oggi i test d’accesso nelle università. “Il numero chiuso è un paradosso sempre più evidente. Specie dopo l’emergenza Covid, un tema centrale è l’investimento in risorse umane e strumentali che risollevino i servizi sanitari pubblici, dopo anni di contrazioni e tagli. Un trend di calo del lavoro in sanità che ci pone tra i paesi con il piu basso rapporto tra cittadini e numero di operatori. Nel pubblico operano oggi circa 45 mila operatori, e la media d’età è 53 anni. Vuol dire che in 10 anni poco meno della metà di loro sarà in pensione. Il sistema pubblico deve essere risanato, e gli sforzi che si stanno facendo a livello regionale per tornare ad assumere in sanità sono importanti, ma ancora insufficienti. L’impoverimento del sistema, a partire dalle figure professionali, e la carenza di professioni sanitarie, segue anche la scelta ormai anacronistica di limitare gli accessi all’istruzione”, scrivono in una nota la Cgil di Roma e Lazio e le categorie dei lavoratori dei servizi pubblici e della conoscenza, Fp e Flc Cgil.
“Per risanare il sistema dei servizi sanitari e immettere nuove professionalità nel sistema pubblico dei servizi alla salute, a partire dall’area medica, è necessario operare sinergicamente e fare scelte politiche lungimiranti, a partire dal primo accesso alla formazione, investendo non solo nel SSN ma anche nel sistema delle università. Lavoro e istruzione non sono mondi separati, e a maggior ragione quando si parla di servizi universali. Così come sosteniamo la riapertura della stagione concorsuale e chiediamo investimenti straordinari per immettere nuove risorse nel sistema, crediamo che sia fondamentale superare la contraddizione del numero chiuso e aprire da subito le porte a chi, con l’obiettivo di svolgere professioni sanitarie, inizia un lungo e di certo non facile percorso di formazione nelle università”, prosegue la Cgil.
“La proporzione è simile allo scorso anno: 1 posto per ogni 6 candidati. Nelle facoltà di medicina, chirurgia e odontoiatria de “La Sapienza”, ad esempio, oggi hanno sostenuto le prove d’ingresso 6292 iscritti per 1030 posti disponibili, dato che in proporzione rispecchia la media nazionale (67.000 iscritti per 13.000 posti). Uno dei primi, importanti concorsi fatti dopo anni di commissariamento, al S. Andrea, dimostra quanto sia fondamentale avere graduatorie di idonei da cui attingere. Chiudere l’accesso alla formazione di primo livello, e incontrare ulteriori limiti nell’accesso alla fase di specializzazione, è un paradosso insostenibile. Il numero chiuso costituisce oltretutto un elemento di disparità sociale e un incentivo a cercare opportunità di studio e lavoro all’estero: non vediamo quale possa essere oggi il motivo, in un paese che ha più che mai bisogno di ripartire economicamente, di continuare a limitare le opportunità di crescita di talenti e futuri professionisti che possano lavorare per la salute di tutti. Dopo le tante promesse, il Governo deve affrontare seriamente il tema, ascoltando la voce e le proposte di studenti e lavoratori per individuare meccanismi di superamento del numero chiuso”, concludono Cgil, Fp e Flc Cgil di Roma e Lazio.