“I dati della pandemia nel Lazio parlano chiaro: 87303 attualmente positivi, 3408 ricoverati con sintomi, 352 in terapia intensiva. Nell’ultima settimana si è registrato un aumento del 10% sia dei ricoveri che degli isolamenti domiciliari. L’indice che misura la trasmissibilità del virus resta sotto l’1% (0,8), ma la stabilizzazione della curva non vuol dire la sua inversione: se l’andamento giornaliero dei contagi è un indicatore importante per valutare l’impatto in tempo reale, il sistema sanitario è sempre più sotto pressione e serve una pianificazione complessiva che guardi sia al potenziamento della rete come al mantenimento delle misure di contenimento per i cittadini, al fine di evitare che il sistema collassi”.
“Rispetto alla prima fase – proseguono Cgil, Fp e Spi – dove i numeri complessivi non erano paragonabili agli attuali (basti ricordare che ad aprile i positivi rilevati nella regione erano 4500), ci sono voluti 2 mesi per riportare la curva a valori sotto controllo: solo a giugno, a 60 giorni dalla fine del lockdown, ricoveri e casi complessivi erano consistentemente diminuiti”.
“Come ribadito oggi dalle rappresentanze sindacali della dirigenza medica a livello nazionale, è assolutamente controproducente pensare oggi di allentare le misure di contenimento nel periodo natalizio. Devono essere trovate soluzioni, contingentamenti e anche ulteriori limitazioni, che consentano sì le frequentazioni personali, come l’accesso a beni e servizi, ma prevenendo qualsiasi occasione di contagio e assembramento. Non potrà essere un Natale “normale”: lo pagheremmo sicuramente con valori nuovamente fuori controllo e troppo elevati perché siano poi garantite le cure e gestiti gli effetti. Considerando l’atteso picco dell’influenza stagionale nei primi mesi del prossimo anno”.
“E bisogna andare avanti col potenziamento del personale e dei servizi, in una strategia integrata, dall’effettuazione dei tamponi al coordinamento dei servizi territoriali: tra gli operatori sanitari, sottoposti ad elevatissimi carichi di stress, alle carenze di organico si aggiungono le assenze per contagi. Questo vuol dire straordinari, doppi turni, aggravio di carichi e impossibilità di pause. Gli operatori sono anche più stanchi, dopo mesi di elevatissima pressione. La progressiva immissione di personale non è ancora sufficiente per arrivare alla soglia “critica” sempre indicata: mancano ancora almeno 3000 assunzioni, e a tempo indeterminato. Così come sulla sicurezza non si può abbassare la guardia: nonostante gli sforzi fatti e la previsione di Rsa pubbliche, così come l’estensione della sorveglianza sanitaria periodica anche agli operatori dei servizi socio sanitari e socio assistenziali, le strutture residenziali sono ancora troppo spesso luogo di focolai, colpendo ancora proprio la fascia di popolazione più a rischio. Potenziare l’intera rete dei servizi, inclusa l’emergenza, trasformare le USCAR integrandole nei distretti ed aumentando il personale dedicato, significa andare verso una sanità davvero integrata, assistere meglio i pazienti in isolamento, garantire i servizi domiciliari e di prossimità, specie ai più fragili, alleggerire gli accessi ai pronto soccorso. L’attenzione va tenuta alta: le rinunce che tutti noi facciamo oggi sono necessarie a ritornare quanto prima alla normalità, così come gli investimenti straordinari che chiediamo in questi mesi non sono solamente finalizzati all’emergenza, ma a restituire ai cittadini