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Fp Cgil e politiche di genere: il percorso per costruire ruolo e rete in sinergia con le associazioni

Venerdì 26 marzo alle ore 16.00 sulla pagina Facebook @belleciao , il confronto organizzato da Cgil nazionale “Perché dobbiamo difendere le Case delle Donne – patrimonio di conquiste e diritti collettivi”, con le più importanti realtà associative di tutta Italia legate al contrasto delle violenze contro le donne e attive nelle politiche di genere. 

LA LOCANDINA

Per la Fp Cgil di Roma e Lazio, interverrà la segretaria Anna Vernarelli. Sul tema, ricordiamo il percorso fatto finora dalla nostra federazione con la nota del Coordinamento donne della nostra categoria regionale. 

 

“La Fp Cgil ha iniziato due anni fa a rendere effettiva la sinergia con le associazioni femministe. Due anni fa, dall’insediamento nella segreteria di Anna Vernarelli,  con delega alle politiche di genere,  insieme al Coordinamento Donne, la Fp ha puntato sulla costituzione di una rete femminista sul territorio, con la precisa volontà di includere tutte le diversità esistenti, consapevole che questo rappresenti un arricchimento non solo per il sindacato ma per tutta la società.

Lungo, e con difficoltà, è stato questo percorso. Il primo “incontro” tra sindacato e associazioni/cooperative femministe è avvenuto in occasione della mobilitazione per la proposta di legge Pillon, una vera e propria violazione dei diritti civili, che avrebbe reso più difficoltoso separarsi o divorziare, che avrebbe trattato i minori come un oggetto da dividere, insieme al più grave tentativo di depenalizzare il reato di maltrattamento.

La Casa internazionale delle donne è stata una delle prime associazioni coinvolte, non solo perché alcune di noi sono anche attiviste della Casa, ma perché è il simbolo del femminismo, non solo romano, luogo che accoglie decine di associazioni, che offre accoglienza e servizi a donne vittime di violenza e ha fatto dell’autodeterminazione femminile e del contrasto ad ogni forma di sessismo, razzismo e violenza la sua unicità.

In questo percorso siamo anche convinte che la formazione possa fornire una risposta strutturale alla violenza di genere, e che sia necessario investire maggiormente in una cultura che contrasti il patriarcato e ogni forma di aggressione e disuguaglianza. Questa è un’azione quanto mai necessaria in un Paese in cui ogni tre giorni una donna viene uccisa, dove non si riescono a garantire quelle pari opportunità che la Costituzione ha previsto nel suo terzo articolo. Per tali ragioni, negli scorsi mesi abbiamo sostenuto e rivendicato l’esistenza dei Centri antiviolenza come il Lucha y siesta, consapevoli che queste strutture rappresentino la trincea della lotta contro la violenza sulle donne.

Tanta è ancora la strada da fare in questa direzione, specie in un momento in cui torna evidente una regressione culturale in questo senso, piuttosto che un avanzamento.  Il nostro lavoro non si è fermato durante la pandemia: data l’impossibilità di fare incontri dal vivo, abbiamo organizzato un ciclo di approfondimenti online, denominati “Io Rifletto”. Un titolo che parte proprio dal presupposto di “ripensare” a se stesse e a se stessi, agli equilibri di potere sia all’interno della propria quotidianità che nella vita politica e sociale. In ogni appuntamento sono state invitate rappresentanti di associazioni femministe e politiche, con l’intenzione di fare rete e suscitare un dibattito condiviso e sinergico sulla condizione femminile.

Molta attenzione in questi incontri è stata data al linguaggio, non solo una facoltà umana, ma strumento potentissimo che può diventare un’arma. Perché ci sono insulti specifici per le persone LGBT, nere, povere, disabili e per le donne? E, soprattutto, perché tutti questi insulti non hanno il loro corrispettivo eterosessuale, bianco, ricco, abile e maschile? Queste parole sono solo uno dei tanti modi attraverso i quali si esprime la nostra società: una società costruita da pochi per pochi, che detta le sue regole basandosi sul privilegio di questi. E il linguaggio spesso “riflette” segnali di disparità, che filtrano da stereotipi e modi di dire, senza che ve ne sia totale consapevolezza, impedendo un reale progresso.

È quanto mai necessaria e impellente una campagna massiva non solo di sensibilizzazione, ma culturale e di educazione per il rispetto delle donne, che metta al bando ogni forma di maschilismo e misoginia.

A ridosso dell’8 marzo appena passato, con Cgil Roma e Lazio, abbiamo costruito un altro ciclo di incontri formativi dal titolo “Politiche e pratiche: i confini della violenza”: con noi le formatrici della cooperativa beFree, volto a far distinguere i vari volti della prevaricazione.

Inoltre vorrei anche sottolineare la nostra capillare presenza nelle mobilitazioni di piazza accanto alle case per difendere gli spazi femministi, continuamente messi in discussione e gettati nell’incertezza.  Siamo pronte e pronti ad intervenire tempestivamente su tutte le situazioni e contesti discriminatori  che si sollevano sia sul territorio che sui posti di lavoro.

Perché la violenza di genere non è solo l’aggressione fisica di un uomo contro una donna, ma include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, molestie verbali sessuali, persecuzioni, compiute da un uomo contro una donna in quanto donna.

Tutte le nostre iniziative hanno avuto feedback positivi: hanno raggiunto un buon numero di uditori, e non sono state tutte donne. Un segno che quest’anno ha dato una diversa e significativa impronta ad altre iniziative che sono state realizzate per l’8 marzo: protagonisti gli uomini e un diverso modo di prendere consapevolezza.

È necessaria una forte rete di contrasto, trasversale, tra sindacati, associazioni e società civile, nazionale e internazionale, per smantellare uno a uno gli attacchi alle conquiste – difficili – ottenute nei decenni precedenti e proseguire sulla strada della parità e dei diritti là dove non ci sono ancora. Dalle regressioni eclatanti, come il rigetto del trattato di Istanbul a protezione delle donne da parte della Turchia, un passo indietro di un secolo sul piano della civiltà, del progresso civile e dei diritti umani, a attacchi più subdoli alla libertà e all’autodeterminazione, dalle campagne provita alle tampon tax: ogni aspetto non va sottovalutato, e la rete che la Cgil costruisce e continua ad aprire è un tassello fondamentale.

Continueremo su questa strada, promuovendo una massiccia campagna politica e culturale contro la violenza sulle donne e a favore della contrattazione di genere, e a costruire una  politica di conciliazioni tra vita privata e lavoro, proprio  per inserire l’ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro.

In questa crisi dobbiamo pretendere che anche le donne ricoprano un ruolo di primo piano nella politica, di questo Paese, perché solo un paese dove esiste la parità di genere si può ritetenere un paese libero e democratico”.

“Solo i figli che nascono da donne libere sono liberi” (Adele Faccio, partigiana).

Coordinamento Donne fp cgil Roma Lazio