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Mibact, cambio di sede della Soprintendenza di Viterbo-Rieti-Etruria meridionale. Spazi inadeguati e disagi per lavoratori. A rischio il presidio del territorio

È di ieri l’annuncio dell’ennesimo intervento sulla struttura del MIBACT del Ministro Franceschini: la neonata Soprintendenza per le province di Viterbo, Rieti e Etruria Meridionale avrà la sua sede ufficiale a Viterbo, nonostante nell‘informativa fornita ai sindacati la sede indicata fosse Roma. Un’altra riforma, quindi, e un ulteriore spostamento senza confronto con le parti sociali per la struttura che si occupa di tutelare il patrimonio di quel territorio, prima con sede a Villa Giulia, e dal 2014 nella sede di Via Cavalletti a Roma.

Preoccupa la superficialità e la mancata valutazione dei risvolti pratici della questione: a Viterbo il MiBACT non possiede spazi adeguati e sufficientemente grandi per ospitare gli uffici della Soprintendenza, che necessiterebbero di strutture tecnico-scientifiche e amministrative. Anche all’interno del Museo Nazionale Etrusco della Rocca Albornoz di Viterbo, gli spazi che potrebbero essere destinati a uffici sono totalmente insufficienti.

E se anche il Comune dovesse risolvere la questione della sede, manca il personale. I lavoratori – archeologi, architetti e storici dell’arte in primis, ma anche amministrativi e tecnici – che, oggi, portano avanti la Soprintendenza con le necessarie competenze tecnico-scientifiche lavorano nella sede romana, una sede centrale e raggiungibile anche dai pendolari. Finora hanno assicurato con professionalità la tutela del territorio con un presidio costante; con lo spostamento della sede molti di questi lavoratori che, per ragioni di conciliazione vita-lavoro non potranno trasferirsi a Viterbo, dovranno rinunciare a proseguire il loro percorso professionale.

In questi anni, nonostante le difficoltà delle varie riforme e la carenza di personale, sono proprio queste professionalità che hanno garantito presidio e tutela del grande e importantissimo patrimonio di quel territorio. Potrebbe crearsi una “scatola vuota”, con pochi lavoratori e senza struttura amministrativa, non in grado di svolgere le sue naturali funzioni istituzionali. Un vuoto nei beni culturali sicuramente da evitare.