“Quella che regola i rapporti di lavoro del personale di RSA e centri di riabilitazione è una vera e propria discriminazione rispetto a chi svolge la stessa professione in altri servizi pubblici. Le parti datoriali, riconducibili alle loro rappresentanze laiche e religiose Aris e Aiop, dopo il difficilissimo percorso per arrivare al contratto della sanità privata lo scorso anno, continuano a non voler aprire il confronto per riscrivere il CCNL e a nascondersi”, dichiarano Giancarlo Cenciarelli, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini, segretari generali di categoria Fp Cgil Roma e Lazio, Cisl Fp Lazio, Uil Fpl Roma e Lazio.
“Un atteggiamento che ben conosciamo e che oggi però, dopo quanto la pandemia ha scoperchiato, è intollerabile non solo dal punto di vista concreto, delle condizioni salariali e normative che regolano i rapporti di lavoro, ma morale. Sono i lavoratori e le lavoratrici che più sono stati esposti al dramma della pandemia, e che continuano a lavorare in condizioni difficilissime, tra vuoti di organico, turni massacranti ben oltre le norme di legge, spesso contingentati e costretti a rinunciare a ferie e riposi. Sono le persone che si occupano dei più fragili, che nei mesi peggiori della pandemia si sono sostituiti ai familiari anche per fornire quel conforto umano che era negato, che si continuano a veder togliere diritti e avanzamenti salariali, nel pieno disinteresse dei loro datori di lavoro”, proseguono i segretari.
“Come per l’intero sistema di accreditamento, sulle RSA e sui centri di riabilitazione, lasciati nella pressoché totale gestione all’imprenditoria privata accreditata, le istituzioni devono farsi carico di intervenire e fare pressione perché le trattative, bloccate da oltre un anno, si avviino. E se questo vuol dire rivedere il sistema degli accreditamenti a livello regionale, o valutare la compensazione economica di una parte dei costi del rinnovo, come è accaduto per la sanità privata, è il momento di farlo. Con il meccanismo dei requisiti minimi, gli imprenditori mettono a rischio la qualità dei servizi, così come elevano al massimo lo sfruttamento dei lavoratori. La Regione Lazio, proprio per l’incidenza di applicazione del CCNL pirata non sottoscritto dalla Organizzazioni maggiormente rappresentative e per proseguire il percorso avviato con l’art. 9 della legge 13/2018, deve intervenire per evitare che restino ombre intollerabili sulle condizioni di lavoro e sulla parte di servizi che si regge sull’accreditamento ai privati. Devono essere riviste regole e sistema dei controlli, fino a togliere accreditamento e risorse a chi non rispetta il lavoro”.
“Va superata la vergogna di un contratto che già nel 2012 era un passo indietro in termini di diritti e salario, che Cgil Cisl e Uil si sono rifiutate di firmare. Il confronto si deve aprire con chi rappresenta la maggioranza dei lavoratori di un settore delicatissimo dell’assistenza socio-sanitaria: è un tema complessivo di rappresentanza ed è centrale per la ripartenza dei servizi sanitari di tutto il paese ed è per questo che, dopo le proteste sotto le associazioni di categoria della scorsa estate, saremo sotto la sede di Confindustria il 6 dicembre prossimo. È a questo livello che alziamo la protesta, perché un’ulteriore attesa non è più tollerabile. E proseguiremo ancora la mobilitazione il 10 Dicembre sotto la CEI: è stato lo stesso Papa Francesco a porre l’attenzione sulla necessità di riconoscere il valore di chi nelle RSA ha dato e continua a dare il massimo per l’assistenza agli anziani e ai più fragili, ed è una vergogna che le imprese collegate al ramo religioso scelgano di ignorare i diritti dei lavoratori, concentrandosi sul profitto”.
“Noi non ci fermeremo finché a questi lavoratori non saranno riconosciuti giusta retribuzione e giusti diritti. Il 6 dicembre, dalle ore 09:00 alle ore 12:00, saremo sotto alla sede di Confindustria a via dell’astronomia 30 ed il 17 Dicembre dalle 09:00 alle 12:00 davanti alla CEI, Circonvallazione Aurelia, 50.