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Sanità privata, le strutture non applicano il CCNL appena rinnovato. Cgil Cisl Uil: “La Regione intervenga, chiederemo la revoca degli accreditamenti”

Sanità privata, la vergogna prosegue. Nel Lazio tantissime strutture private accreditate, che ricordiamo contribuiscono all’erogazione dei servizi pubblici alla salute per tutti i cittadini del Lazio, non applicano il CCNL Aris Aiop sanità privata, rinnovato lo scorso ottobre dopo 14 anni e 3 di estenuanti trattative.

“Per arrivare alla firma del CCNL ci sono voluti anni di mobilitazione, scioperi e manifestazioni continue, diversi interventi del Ministero della Salute e della Conferenza Stato-Regioni. Il rinnovo è stato sottoscritto anche alla luce del fatto che le Regioni si sono fatte carico del 50% delle relative coperture economiche, con una serie di interventi nei singoli territori relativi a budget e tariffe. La Regione Lazio ha già deliberato la norma che stanzia le risorse necessarie, ma per i “padroni” non basta ancora: rinnovato il contratto, nessuna struttura lo ha applicato in toto. Alcune tentano di disdettarlo, passando a contratti pirata, non solo non riconoscendo l’avanzamento ma addirittura arretrando su diritti e salari riconosciuti. Abbiamo inviato diffide a oltre 50 strutture che non applicano appieno il CCNL, non riconoscendo tutti gli istituti né gli avanzamenti dovuti”, così Giancarlo Cenciarelli, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini, segretari generali di Fp Cgil Roma Lazio, Cisl Fp Lazio, Uil Fpl Roma Lazio.

“Lavoratrici e lavoratori che già dalla retribuzione di ottobre avrebbero dovuto vedersi riconosciuti aumenti e progressioni, si vedono ancora una volta beffati dai datori di lavoro. I soliti “prenditori” che invece di restituire loro dignità, applicando un contratto che di fatto riequilibra i diritti, le tutele e i salari portandoli al livello dei colleghi del pubblico, continuano a mettere il profitto davanti al valore delle professionalità e al servizio pubblico che contribuiscono a erogare, sostenuti da risorse pubbliche. Scelte inaccettabili che pagano gli oltre 25 mila operatori sanitari al servizio del sistema sanitario regionale, che come i loro colleghi pubblici si sono messi in gioco in prima persona per salvare vite umane durante l’emergenza covid19. E tutto questo accade in una fase in cui la sanità privata accreditata è chiamata a dare un apporto ancor più importante ai servizi sanitari regionali per reggere l’urto dell’epidemia, sia per garantire posti letto Covid sia per continuare a erogare prestazioni ordinarie, sempre in carenza di personale, con i lavoratori costretti a doppi turni e ad alto stress”, sottolineano i segretari di FP CGIL Roma e Lazio, CISL FP Lazio e UIL FPL Roma e Lazio.

Nel caso di un ulteriore rifiuto da parte delle associazioni datoriali, i sindacati sono pronti a chiedere la revoca degli accreditamenti e delle convenzioni alla Regione Lazio: “Serve, e lo chiediamo da sempre, la massima trasparenza gestionale e regole stringenti per chi opera in convenzione con il sistema sanitario regionale. L’alibi del rapporto di lavoro privato e la scarsa trasparenza sui bilanci troppo spesso nascondono rapporti di forza inaccettabili dove i lavoratori sono ostaggio e armi di ricatto per ottenere maggiori spazi e risorse pubbliche”.

“Sia chiaro ai datori di Lavoro che questo atteggiamento non sarà tollerato, siamo pronti ad aprire una nuova fase di mobilitazione, e a dare battaglia con tutte le azioni sindacali di protesta e di tutela legale, per difendere i diritti e il salario di migliaia di operatori che sono il vero valore delle strutture sanitarie. È anche per questo che il 16 novembre, dalle 9.30 alle 13, saremo sotto la Regione Lazio, nell’ambito delle iniziative di mobilitazione nazionale a sostegno tutti gli operatori sanitari”, concludono Fp Cgil Roma Lazio, Cisl Fp Lazio, Uil Fpl Roma Lazio.