“Dal prof. Ichino a Confindustria, fino a Confesercenti Roma e Ance Roma Ater: siamo preoccupati di quest’alzata di scudi contro il lavoro pubblico. Si rischia di tornare indietro di anni, di ritornare ai tempi in cui, incalzata l’opinione pubblica contro i“fannulloni”, si sono fermati contratti, tolti diritti, fatte leggi penalizzanti, interrotti i processi assunzionali, e con essi persa l’opportunità di rinnovare e rendere davvero più efficiente la PA”, così in una nota la Cgil di Roma e Lazio e la Fp Cgil Roma e Lazio rispondono alle dichiarazioni su pubblico e smart working.
“L’allarme occupazione e perdita di professionalità nel lavoro pubblico, lanciato da anni dal sindacato, è ora sempre più evidente e chiaro anche al Governo e alla Ministra Dadone: i numeri parlano chiaro, l’età media è over 50, gli under 30 sono meno del 3%. I dipendenti usciti dalle amministrazioni negli ultimi 3 anni sono circa 3 volte i nuovi assunti. I posti messi a bando fino ad oggi sono poco più di 20 mila: un ritmo troppo lento che, per recuperare i posti persi, richiederebbe un decennio. Da tempo chiediamo un piano straordinario di assunzioni, a tutti i livelli e per tutti i comparti, riqualificando i lavoratori in servizio”.
“I servizi pubblici di cui ora si invoca celerità ed efficienza, non sono interrotti o rallentati a causa dei dipendenti in smart working. Un aspetto su cui va fatta un’ampia riflessione per la tutela e la disciplina del lavoro come per la qualità dei servizi, su cui il sindacato confederale e di categoria a tutti i livelli è pronto. Chiaramente recuperando progressivamente le attività in presenza per venire incontro alle esigenze di cittadini e imprese, ma senza perdere di vista i benefici di sostenibilità e scelte“green”, in una visione più ampia e in linea con le direttive europee. Incommentabile la proposta di Confesercenti di abbassare gli stipendi dei dipendenti pubblici in lavoro agile per spostare risorse su ammortizzatori sociali e servizi. Oggi è fondamentale accelerare il cambiamento, con investimenti infrastrutturali e il potenziamento dei sistemi informatici e dei servizi telematici, nei processi organizzativi come in quelli assunzionali: il costo del lavoro è una voce incomprimibile e regolata dalla contrattazione, elemento essenziale del complessivo investimento per efficientare il sistema e dare valore alle professionalità. E sui contratti nazionali, scaduti anche per il pubblico impiego, è essenziale riaprire la trattativa per il rinnovo”, proseguono Cgil e Fp.
“Ci aspettavamo che dopo la retorica dell’eroe sarebbe subentrata quella del fannullone. Ma il lavoro pubblico non è un unicuum di privilegiati. Quantomeno fuori luogo scaricare responsabilità dove non ce ne sono e tornare a “guerre tra poveri”– che non producono altro che l’aumento del divario su salari e diritti, e complessivamente. Tra pubblico e privato come tra chi svolge lo stesso lavoro, nei servizi pubblici, con contratti e regimi diversi”. Ripartire e dare un’opportunità al paese non è contrapporre interessi pubblici a quelli privati, ma lavorare a un nuovo equilibrio dove legalità, regole, garanzie e tutele del lavoro e dei servizi al cittadino siano al centro. La risposta al bisogno di semplificazione non è deregolamentare gli appalti o indebolire ancora di più la macchina pubblica, ma rafforzare il ruolo e i servizi partendo dalla riqualificazione di professionalità e competenze. Siamo pronti a dare sempre più voce alle nostre proposte, per rinforzare il ruolo pubblico, garantire i lavoratori di ogni settore e migliorare la qualità dei servizi. Ognuno faccia la propria parte e si occupi di riprogettare il futuro, senza addurre pretesti per non cambiare o, peggio, far tornare indietro il Paese”, conclude la Cgil.