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Vertenza Ama: il 14 sciopero

Lemmetti gioca sulla pelle dei lavoratori e dei romani

I dubbi sulla buona fede della Giunta erano già tanti, e da mesi si intravedeva uno scontro interno al Campidoglio e tra questo e il management Ama. Ma lo spostamento di un incontro delicato come quello che avremmo dovuto tenere due giorni fa all’11 settembre, quindi a ridosso dello sciopero, li rafforza.

Lo sciopero del 14 è quindi confermato. Il 12 nelle zone e il 13 negli impianti e le autorimesse effettueranno assemblee su tutti i turni per informare i lavoratori sui rischi a cui è esposta l’azienda.

Ci presenteremo all’incontro dell’11 per provare a capire finalmente dall’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti, e con intollerabile ritardo, perché stia ostacolando la modifica delle delibere oggetto dello sciopero e come mai da mesi non sia stato approvato il bilancio aziendale.

Sembra che invece di mettere Ama nelle condizioni di operare al meglio, ci sia qualcuno che lavora per metterla in difficoltà.

È farsesca la condizione in cui opera l’azienda, a cui vengono chiesti sforzi sempre maggiori sul Pap ma non vengono concessi tempi per la pianificazione, stabilità economica – non tanto per gli investimenti quanto per la gestione ordinaria – e capacità assunzionale per sostituire il personale che va in pensione. Le due delibere da modificare, la 52 che apre alla privatizzazione e la 58 che blocca le assunzioni, sono un macigno che ha portato a una battaglia sindacale a tutela dell’azienda, non certo corporativa. Modifiche promesse pubblicamente dalla Sindaca Raggi e previste da un accordo mai rispettato.

I “nuovo Pap”, deciso da Roma Capitale e portato avanti alla bene e meglio dall’azienda, è improvvisato e sta fallendo, peggiorando le condizioni di lavoro. I quartieri sono più sporchi e gli sforzi dell’azienda per rincorrere la Giunta ricadono sui lavoratori: non ci sono i mezzi per l’Rfid, e i chip sono attualmente sostituiti dagli operai che registrano le operazioni di raccolta con uno smartphone, non si può assumere il personale necessario, non si è preparato adeguatamente il percorso, aumentano il servizio base e i rischi per la salute.

Non vorremmo che, come suggerisce qualche osservatore, Lemmetti e altri progettino la crisi di Ama sul modello Livorno. Quello che prima appariva come uno scenario da fantapolitica, oggi che Ama non è in grado di versare la seconda tranche del premio di produttività e che si discute di rischio nel pagamento degli stipendi, sembra sempre più una triste verità: si spinge l’azienda verso il baratro invece di risollevarla.

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